domenica 26 gennaio 2014

indennità di disoccupazione aspl dal 2013

COSA E’

E’ una prestazione economica istituita dal 1° gennaio 2013 e che sostituisce l’indennità di disoccupazione ordinaria non agricola requisiti normali. E’ una prestazione a domanda erogata, per gli eventi di disoccupazione che si verificano dal 1° gennaio 2013, a favore dei lavoratori dipendenti che abbiano perduto involontariamente l’occupazione.

A CHI SPETTA

Ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente l’occupazione, ivi compresi:
  • gli apprendisti;
  • i soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato;
  • il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato.
  • i dipendenti a tempo determinato delle Pubbliche Amministrazioni;

A CHI NON SPETTA

Non sono destinatari della indennità di disoccupazione ASpI:
  • i dipendenti a tempo indeterminato delle Pubbliche Amministrazioni;
  • gli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato;
  • i lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa.

QUANDO SPETTA

Spetta in presenza dei seguenti requisiti:
  • Stato di disoccupazione involontario.
L’interessato deve rendere, presso il Centro per l’impiego nel cui ambito territoriale si trovi il proprio domicilio, una dichiarazione che attesti l’attività lavorativa precedentemente svolta e l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.

L’indennità quindi non spetta nelle ipotesi in cui il rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o risoluzione consensuale.

Il lavoratore ha diritto all’indennità nelle ipotesi di dimissioni durante il periodo tutelato di maternità ovvero di dimissioni per giusta causa.

Inoltre, la risoluzione consensuale non impedisce il riconoscimento della prestazione se intervenuta:
  • nell’ambito della procedura conciliativa presso la Direzione Territoriale del Lavoro, secondo le modalità previste all’art. 7 della legge n. 604 del 1966, come sostituito dall’art. 1, comma 40 della legge di riforma del mercato del lavoro (Legge 28 giugno 2012 n.92);
  • a seguito di trasferimento del dipendente ad altra sede distante più di 50 Km dalla residenza del lavoratore e/o mediamente raggiungibile in 80 minuti o più con i mezzi pubblici.
Almeno due anni di assicurazione

Devono essere trascorsi almeno due anni dal versamento del primo contributo contro la disoccupazione; il biennio di riferimento si calcola procedendo a ritroso a decorrere dal primo giorno in cui il lavoratore risulta disoccupato.

Requisito Contributivo

Almeno un anno di contribuzione contro la disoccupazione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione. Per contribuzione utile si intende anche quella dovuta ma non versata. Ai fini del diritto sono valide tutte le settimane retribuite purché risulti erogata o dovuta per ciascuna settimana una retribuzione non inferiore ai minimi settimanali. La disposizione relativa alla retribuzione di riferimento non si applica ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari, agli operai agricoli e agli apprendisti per i quali continuano a permanere le regole vigenti.

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo, si considerano utili:
  • i contributi previdenziali comprensivi di quota DS e ASpI versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
  • i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all’inizio dell’astensione risulta già versata contribuzione ed i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
  • i periodi di lavoro all’estero in paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione (non sono utili i periodi di lavoro all’estero in Stati con i quali l’Italia non ha stipulato convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale);
  • l’astensione dal lavoro per periodi di malattia dei figli fino agli 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell’anno solare.
Qualora il lavoratore abbia periodi di lavoro nel settore agricolo e periodi di lavoro in settori non agricoli, i periodi sono cumulabili ai fini del conseguimento dell’indennità di disoccupazione agricola o dell’indennità di disoccupazione ASpI, sulla base del criterio della prevalenza. Per verificare l’entità delle diverse contribuzioni restano fermi i parametri di equivalenza che prevedono 6 contributi giornalieri agricoli per il riconoscimento di una settimana contributiva.

Non sono invece considerati utili, pur se coperti da contribuzione figurativa, i periodi di:
  • malattia e infortunio sul lavoro solo nel caso non vi sia integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro, nel rispetto del minimale retributivo;
  • cassa integrazione straordinaria e ordinaria con sospensione dell’attività a zero ore;
  • assenze per permessi e congedi fruiti dal coniuge convivente, dal genitore, dal figlio convivente, dai fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità.
Ai fini della determinazione del biennio per la verifica del requisito contributivo, i suddetti periodi - non considerati utili – devono essere neutralizzati con conseguente ampliamento del biennio di riferimento. 

LA DOMANDA

Per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione ASpI la domanda deve essere presentata all’INPS, esclusivamente in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:
  • WEB – servizi telematici accessibili direttamente dal cittadino tramite PIN attraverso il portale dell’Istituto;
  • Contact Center multicanale attraverso il numero telefonico 803164 gratuito da rete fissa o il numero 06164164 da rete mobile a pagamento secondo la tariffa del proprio gestore telefonico;
  • Patronati/intermediari dell’Istituto - attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi con il supporto dell’Istituto.
La domanda deve essere presentata entro il termine di due mesi che decorre dalla data di inizio del periodo indennizzabile così individuato:
  • a) ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro;
  • b) data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria;
  • c) data di riacquisto della capacità lavorativa nel caso di un evento patologico (malattia comune, infortunio) iniziato entro gli otto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro;
  • d) ottavo giorno dalla fine del periodo di maternità in corso al momento della cessazione del rapporto di lavoro;
  • e) ottavo giorno dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;
  • f) trentottesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.

DECORRENZA DELLA PRESTAZIONE

L’indennità di disoccupazione ASpI spetta:
  • dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione del rapporto di lavoro, se la domanda viene presentata entro l’ottavo giorno;
  • dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda, nel caso in cui questa sia stata presentata dopo l’ottavo giorno;
  • dalla data di rilascio della dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa nel caso in cui questa non sia stata presentata all’INPS ma al centro per l’impiego e sia successiva alla presentazione della domanda;
  • dalle date di cui alle lett. c), d), e), f) del precedente paragrafo “la domanda” , qualora la domanda sia stata presentata prima di tali date o dal giorno successivo alla presentazione della domanda, qualora presentata successivamente ma, comunque, nei termini di legge.

COSA SPETTA

Un’indennità mensile la cui durata, collegata all’età anagrafica del lavoratore, aumenta gradualmente nel corso del triennio 2013-2015 (periodo transitorio), per essere definita a regime con decorrenza 1° gennaio 2016.

La durata massima della prestazione per il periodo transitorio 2013-2015 è di seguito indicata:

PERIODO TRANSITORIO 2013-2015

Anno di cessazione del rapporto di lavoro
Età anagrafica
Inferiore a 50 anniPari o superiore a 50 anni;
inferiore a 55 anni
Pari o superiore a  55 anni
20138 mesi12 mesi12 mesi
20148 mesi12 mesi14 mesi
201510 mesi12 mesi16 mesi

QUANTO SPETTA

La misura della prestazione è pari:
  • al 75% della retribuzione media mensile imponibile ai fini previdenziali degli ultimi due anni, se questa è pari o inferiore ad un importo stabilito dalla legge e rivalutato annualmente sulla base della variazione dell’indice ISTAT (per l’anno 2013 pari ad € 1.180,00). L’importo della prestazione non può comunque superare un limite massimo individuato annualmente per legge.
  • al 75% dell’importo stabilito (per l’anno 2013 pari ad € 1.180,00) sommato al 25% della differenza tra la retribuzione media mensile imponibile ed euro 1.180,00 (per l’anno 2013), se la retribuzione media mensile imponibile è superiore al suddetto importo stabilito.
L’importo della prestazione non può comunque superare un limite massimo individuato annualmente per legge.

All’indennità mensile si applica una riduzione del 15% dopo i primi sei mesi di fruizione ed un’ulteriore riduzione del 15% dopo il dodicesimo mese di fruizione.

Il pagamento avviene mensilmente ed è comprensivo degli Assegni al Nucleo Famigliare se spettanti. L’indennità può essere riscossa:
  • mediante accredito su conto corrente bancario o postale o su libretto postale;
  • mediante bonifico domiciliato presso Poste Italiane allo sportello di un ufficio postale rientrante nel CAP di residenza o domicilio del richiedente. Secondo le vigenti disposizioni di legge, le Pubbliche Amministrazioni non possono effettuare pagamenti in contanti  per prestazioni il cui importo netto superi i 1.000 euro.

NUOVA ATTIVITA’ LAVORATIVA IN CORSO DI PRESTAZIONE

Nel caso di nuova occupazione del soggetto assicurato con contratto di lavoro subordinato, l’erogazione della prestazione ASpI è sospesa d’ufficio, sulla base delle comunicazioni obbligatorie, per un periodo massimo di sei mesi; al termine della sospensione l’indennità riprende  ad essere corrisposta per il periodo residuo spettante al momento in cui l’indennità stessa era stata sospesa.

Il soggetto titolare dell’indennità di disoccupazione ASpI può svolgere attività lavorativa di natura meramente occasionale (lavoro accessorio), purchè la stessa non dia luogo a compensi superiori a 3.000 euro (al netto dei contributi previdenziali) nel corso dell’anno solare 2013.

In caso di svolgimento di lavoro autonomo o parasubordinato, dal quale derivi un reddito inferiore al limite utile alla conservazione dello stato di disoccupazione, il soggetto titolare dell’indennità di disoccupazione ASpI deve, a pena di decadenza, informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività, dichiarando altresì il reddito annuo che prevede di trarre dall’attività.

Nel caso in cui il reddito rientri nel limite di cui sopra, l’indennità di disoccupazione è ridotta di un importo pari all’80% dei proventi preventivati. Qualora il soggetto intende modificare il reddito dichiarato, può farlo attraverso nuova dichiarazione “a montante”, cioè comprensiva del reddito in precedenza dichiarato e delle variazioni a maggiorazione  o a diminuzione. In tal caso l’indennità verrà rideterminata.

DECADENZA DALL’INDENNITA’

Il beneficiario decade dall’indennità nei seguenti casi:
  • perdita dello stato di disoccupazione;
  • rioccupazione con contratto di lavoro subordinato superiore a 6 mesi;
  • inizio attività autonoma senza comunicazione all’INPS;
  • pensionamento di vecchiaia o anticipato;
  • assegno ordinario di invalidità, se non si opta per l’indennità;
  • rifiuto di partecipare, senza giustificato motivo, ad una iniziativa di politica attiva (attività di formazione, tirocini ecc.) o non regolare partecipazione;
  • mancata accettazione di un’offerta di lavoro il cui livello retributivo sia superiore almeno del 20% dell’importo lordo dell’indennità.

ISTITUTI IN VIGORE

Alla prestazione si applicano, per quanto non previsto dalla legge di riforma del mercato del lavoro ed in quanto applicabili, le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola.



FONTE : inps.it

sabato 25 gennaio 2014

ROTTAMAZIONE RUOLI EQUITALIA CHE FREGATURA

Una “sanatoria” relativa a Equitalia è stata inserita, tra le altre cose, nella Legge di stabilità approvata dal governo lo scorso dicembre: prevede la possibilità di pagare, ad alcune condizioni, le cartelle e gli avvisi esecutivi di Equitalia senza gli interessi di mora e senza gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo. Il pagamento dovrà essere unico, c’è una scadenza (il prossimo 28 febbraio) e l’agevolazione è prevista per le somme affidate in riscossione a Equitalia fino al 31 ottobre 2013.
Che cosa rientra nella sanatoria di Equitalia e cosa no
La sanatoria prevista dalla Legge di stabilità riguarda cartelle e avvisi contestati da parte di: agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, del Demanio, del Territorio, delle Dogane e dei Monopoli); uffici statali (Ministeri, Prefetture, Commissioni Tributarie ecc.); enti locali (Regioni, Province e Comuni). Quil’elenco completo. Rientrano ad esempio l’Irpef, l’IVA e, con alcuni limiti sugli interessi di mora, anche il bollo dell’auto e le multe per violazione al Codice della strada rilevate da comuni e prefetture.
Non è possibile avere le agevolazioni per somme dovute in seguito a sentenze di condanna della Corte dei Conti (qui la lista), per somme dovute agli enti previdenziali (Inps, Inail); per tributi locali non riscossi da Equitalia e per richieste di pagamento di enti diversi da quelli previsti (agenzie fiscali, uffici statali, enti locali).
Cosa si paga e cosa non si paga
La sanatoria di Equitalia consiste in uno sconto che sarà applicato sugli interessi di mora e sugli interessi di ritardata iscrizione a ruolo. Gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo sono quelli – calcolati secondo un tasso fissato per legge – che maturano prima della data di consegna della cartella all’agente della riscossione (cioè ad Equitalia), momento in cui tali somme sono iscritte a ruolo e sono avviate le procedure della riscossione: il ruolo è un elenco che contiene i nominativi dei debitori e le somme dovute. Gli interessi di mora sono quelli che maturano quando si ritarda il pagamento di una somma già iscritta a ruolo: se il pagamento avviene dopo i 60 giorni previsti dalla data di notifica della cartella, da quel momento e fino alla data del saldo del debito vengono applicati gli interessi di mora che, ad oggi, ammontano al 5,23 per cento e vengono stabiliti annualmente dal Ministero delle Finanze. Oltre a questi due tipi di interessi, a Equitalia è anche dovuto l’aggio (cioè il compenso per l’attività svolta pari all’8 per cento per i ruoli emessi dal primo gennaio 2013 e del 9 per quelli precedenti) e tutte le eventuali ulteriori spese derivanti dal mancato (o ritardato) pagamento della cartella.
In sintesi, la sanatoria relativa a Equitalia prevede che non si paghino gli interessi e che si paghi invece: l’importo del debito, l’aggio e le eventuali spese di riscossione. L’agevolazione può essere applicata anche in caso di rateazioni.
TempiIl pagamento deve essere fatto in un’unica soluzione entro il 28 febbraio del 2014: oltre quella data non si potrà più accedere alla sanatoria. L’agevolazione riguarda le cartelle e gli avvisi emessi per tributi affidati a Equitalia entro il 31 ottobre 2013. I contribuenti che pagheranno nei termini previsti riceveranno per posta entro il 30 giugno del 2014 la comunicazione del saldo del debito. Sempre entro fine giugno Equitalia dovrà inviare agli enti creditori l’elenco di coloro che hanno regolarizzato la loro posizione.
Per consentire questa procedura, la legge di stabilità ha anche previsto che la riscossione delle cartelle e degli avvisi esecutivi affidati a Equitalia entro il 31 ottobre 2013 resti sospesa fino al 15 marzo 2014. Fino alla stessa data rimarranno fermi anche i termini di prescrizione.
Cosa si deve fareDa Equitalia non sarà inviata alcuna comunicazione per aderire alla sanatoria. Ognuno dovrà dunque verificare la propria situazione. Equitalia suggerisce di rivolgersi direttamente a uno dei loro sportelli per avere tutte le informazioni e le indicazioni utili.
Comunque, è possibile pagare in tutti gli sportelli della società o negli uffici postali tramite bollettino F35 (un differente bollettino F35 per ciascuna delle cartelle che si vuole pagare in forma agevolata).
FONTE :ilpost.it

lunedì 20 gennaio 2014

BANKITALIA IN VENDITA?

Nei prossimi giorni la Camera dei Deputati è chiamata a dare il parere definitivo al Decreto Legge di Letta e Saccomanni emanato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 27 Novembre, proprio mentre le telecamere dei media di tutto lo Stivale erano concentrate sulla decadenza da Senatore della Repubblica di Silvio Berlusconi. Il DL va a modificare l’assetto dei proprietari della Banca Centrale Italiana, oggi in mano ai maggiori cartelli finanziari operanti nel Belpaese, tra cui Intesa San Paolo, Unicredit e Assicurazioni Generali. Il Governo ha stabilito di trasformare la banca che una volta era degli italiani in una “public company”, dove di pubblico non ci sarà ovviamente nulla: ogni operatore del mercato finanziario globale potrà acquistare le quote di Bankitalia fino a detenere un massimo del 5% delle azioni. Questo significa, ad esempio, che le varie banche d’affari americane Goldman Sachs, JP Morgan, Morgan Stanley e City Groups potranno spartirsi insieme ad altri operatori (magari Cinesi, Tedeschi ecc…) la Banca Centrale Italiana.
Il bello è che il Governo Berlusconi approvò nel 2005 una legge (la sconosciuta 262/2005) che prevedeva esattamente il contrario: la rinazionalizzazione della Banca d’Italia con il passaggio del 100% delle quote dai privati allo Stato Italiano. Accadde nel 2005, quando – dopo interminabili pressioni – finalmente si seppe chi erano gli azionisti di BdI, fino a quel momento sconosciuti. La legge approvata dal Parlamento dall’allora centrodestra non è mai piaciuta (chissà perché…) ai banchieri italiani, appena qualche mese fa il Presidente dell’ABI Patuelli chiese di cambiare la 262/2005 che in tanti anni non è mai stata resa operativa. Saccomanni, che viene proprio da Bankitalia, ha subito obbedito al dicktat e grazie al silenzio dei media, ora il Parlamento si accinge ad approvare un provvedimento che scippa in maniera definitiva la Banca Centrale agli italiani.
Ma c’è di più. Il motivo formale per cui non è mai stata resa operativa la 262/2005 è rintracciabile nella questione del capitale delle quote. Il valore di Bankitalia era, fino al decreto legge di Letta e Saccomanni, di appena 156.000 euro, cifra stabilita dalla legge bancaria del 1936. Con il DL del Governo e grazie ad una stima di alcuni “saggi” nominati dallo stesso Saccomanni, si è deciso in forza di legge che il valore della BdI è di circa 7 MILIARDI di Euro. Grazie a questa operazione gli azionisti come Unicredit, San Paolo etc… si sono ritrovati un grande capitale a disposizione, pronto da vendere al mercato. Capite? E’ come se il Governo stabilisse a tavolino che il valore della vostra società o della vostra abitazione fosse moltiplicato esponenzialmente! Un regalo unico ai soliti noti, con l’aggravante che quella creazione di denaro dal nulla (che tra le altre cose ha fatto incazzare anche la Bundesbank!) doveva andare a vantaggio dello Stato italiano, degli italiani, nostro.
A completamento di questa grande manovra alle spalle di tutti gli italiani, c’è da aggiungere la questione della riserva aurea di Palazzo Koch: tonnellate e tonnellate di lingotti d’oro nostri diverranno proprietà di chi comprerà la nostra Banca. Circa 100 Miliardi di riserve auree (l’Italia è il terzo Paese più ricco d’oro del mondo) voleranno via insieme all’ultimo residuo di sovranità del popolo italiano.

Non possiamo permettere che tutto ciò accada in sordina, dobbiamo far sapere la verità e contrastare in Parlamento quest’atto di alto tradimento. Ne va del futuro della nostra terra.

FONTE:  rapporto aureo.wordpress.com

sabato 18 gennaio 2014

Mini IMU

Mini Imu,l’ultima scoperta fatta dal governo. Si tratta di una Imu applicata in misura ridotta che per essere calcolata si prospetta con una  procedura decisamente elaborata, visto che si dovrà pagare il 40% della somma che emerge tra l’aliquota base dell’Imu 2013 e l’aumento deliberato dal proprio Comune.
I Comuni nei quali si dovrà pagare sono quelli che nel 2013 hanno deliberato un aumento, rispetto all’aliquota di base e sono oltre 2000.
 Vediamo quindi, nel dettaglio, chi dovrà pagare e come si fa.
Quando si paga
L’ultimo giorno utile per il versamento senza sanzioni è fissato per venerdì 24 gennaio.
Chi deve pagare
L’imposta va pagata sugli immobili prima casa solo nei 3.377 Comuni (vale a dire un terzo del totale) che hanno deliberato un aumento dell’aliquota,ove nel 2013 non c’è delibera , vale l’aliquota decisa nel 2012). In cassa sono chiamati 10 milioni di italiani proprietari delle case dove si vive – esclusi quelli che rientrano nelle categorie A/1 (immobili signorili), A/8 (ville) e A/9 (castelli e palazzi) – delle relative pertinenze (C2, C6 e C7: cantine, solai, box, posti auto, tettoie), degli immobili e dei terreni che non sono stati esentati per legge dall’Imu 2013.
La mini-Imu va, altresì, versata anche dai coniugi che hanno l’assegnazione della casa dopo una separazione o divorzio, dai soci assegnatari di case in cooperativa, da quanti possiedono terreni agricoli e immobili rurali e strumentali, dalle Forze dell’ordine, dai militari e dai Vigili del fuoco che possiedono un solo immobile e ai quali non è richiesto il requisito della residenza.
Chi è escluso
Non sono interessati dalla mini-Imu i proprietari che hanno prime case nei Comuni dove l’aliquota non è stata alzata sopra la soglia del quattro per mille e tutti coloro che posseggono seconde case; chi è proprietario di una prima casa di lusso (A1, A8 e A9) e, quindi, non ha goduto della cancellazione introdotta dal governo Letta; gli immobili degli italiani residenti all’estero. Per le altre esenzioni  decise dai singoli Comuni meglio informarsi sui siti web di questi ultimi: sono molti, infatti, quelli che hanno deciso di esentare gli immobili di anziani ricoverati in ospedale o le abitazioni date in comodato ai figli (o comunque a parenti in linea retta).
Quanto si paga
Il nome mini-Imu si riferisce proprio all’importo da versare.La rata media ammonta a 40-42 euro . Importo decisamente inferiore rispetto a quello versato nel 2012, visto che è dovuto solo il 40% della differenza tra l’Imu dovuta con l’aliquota base del quattro per mille e quella che si sarebbe dovuta pagare con l’aliquota stabilita dal Comune. Inoltre, trattandosi della prima casa vanno considerate anche le detrazioni: nel 2013 sono state stabilite in200 euro per l’abitazione principale e 50 euro per ciascun figlio residente di età inferiore ai 26 anni.
Come si calcola
Ogni proprietario di casa deve fare il conteggio in base alla quota di possesso di immobile e delle pertinenze, avendo con sé la calcolatrice e la rendita catastale (se non è riportata nell’atto di acquisto, è possibile richiedere una visura online all’Agenzia delle Entrate). Individuato questo importo, espresso in euro, va aumentato del 5% e moltiplicato per il 160 per cento. La somma rappresenta il valore catastale aggiornato su cui applicare aliquota e detrazioni.
Con un nuovo calcolo va, poi, individuato l’importo con aliquota e detrazioni questa volta decise dal proprio Comune. Ad esempio, a Roma è lo 0,5%, mentre a Milano lo 0,6 per cento. Così la differenza tra gli importi va ridotta del 60 per cento. Per legge, in caso di un importo inferiore ai 12 euro nulla è dovuto, salvo diversa delibera del Comune. Esempio: prima casa e box auto a Torino (aliquota 0,575%), quota di possesso 100% con rendita catastale di 861 euro (761 euro per l’immobile + 100 euro per il box) e un figlio di età inferiore a 26 anni.
Calcolo base imponibile
Somma rendite catastali 861 euro + rivalutazione 5% = 904,05 euro
Applicazione del moltiplicatore 904 euro X 160 = 144,648 euro base imponibile
CALCOLO A
Imu con aliquota deliberata allo 0,575%
144.648 X 0,575 : 100 = 831,73 euro
Si sottraggono le detrazioni
831,73 euro – 200 euro (per abitazione principale) e – 50 euro (per figlio) = 581,73 euro
CALCOLO B
Imu con aliquota deliberata allo 0,4%
144.648 X 0,4 : 100 = 578,59 euro
Si sottraggono le detrazioni
578,59 euro – 200 euro – 50 euro = 328,59 euro
DIFFERENZA A-B
581,73 euro – 328,59 euro = 253,14 euro
MINI IMU DA PAGARE
253,14 – 60% = 101,26 euro
Come si paga
Il versamento va fatto con il modello F24 o con il bollettino postale. Se si opta per l’F24 bisogna utilizzare il codice tributo 3912, indicando che si tratta di un saldo per l’anno 2013.
Per qualsiasi ulteriore ragguaglio scrivete all’email indicata in testa alla pagina.


MESSAGGIO DEL FONDATORE