venerdì 24 dicembre 2010

VARATA RIFORMA UNIVERSITARIA DETTAGLI E APPROFONDIMENTI

dovrebbero essere concretizzati nei prossimi dodici mesi in 42 decreti attuativi.La riforma è incentrata sugli aspetti finanziari e istituzionali del funzionamento delle Università. E questo è, con tutta probabilità, il suo grande vizio originario.Anziché parametrare l'accesso all'insegnamento dei docenti alle esigenze didattiche degli studenti, il governo ha scelto di dare la priorità alla riduzione della spesa universitaria e ad una riorganizzazione astratta e burocraticizzata del personale degli atenei.
Nessuna misura è stata prevista per potenziare la ricerca d'eccellenza nelle Università o per promuovere partnership tra facoltà universitarie e aziende pubbliche (o private).
In tutto il disegno della riforma universitaria, stupisce come l'interesse degli studenti, che dovrebbe essere la bussola di ogni intervento in materia, sia stato sacrificato non solo agli interessi del bilancio pubblico, ma anche a quelli dei professori e dei ricercatori.
Tuttavia non mancano alcune (a dir il vero, poche) norme che potrebbero trovare una felice applicazione, in particolare sulla lotta alle assunzioni clientelari ed all'assenteismo di non pochi professori di ruolo.
Sedi universitarie, facoltà, corsi di studio e di laurea
Anzitutto, la riforma prevede misure volte a "promuovere" la fusione e la federazione tra sedi universitarie territorialmente vicine, in modo da limitarne i costi. La stessa riforma prevede pero' che ogni ateneo potrà offrire al massimo dodici facoltà universitarie, e va esattamente nella direzione opposta dell'auspicata unione tra atenei, perché quando l'unione tra due Università porterebbe al superamento del tetto massimo delle dodici facoltà, queste saranno disincentivate ad unirsi. La riforma prevede anche la riduzione della metà dei settori cosiddetti tecnico-scientifici (gruppi di corsi di studio o materie simili le cui diverse combinazioni unitamente a quelle di altri settori vanno a costituire i diversi corsi di laurea). In realtà, questo dimezzamento non inciderà per nulla sul numero dei corsi di laurea e farà soltanto perdere un po' di tempo per la riclassificazione dei singoli corsi. Ad esempio, nelle scienze giuridiche, il settore tecnico-scientifico del diritto amministrativo comprende oltre al corso di diritto amministrativo base, un corso avanzato, i corsi di diritto regionale e degli enti locali, diritto urbanistico ed altri ancora. Ed è un settore distinto da quello delle Istituzioni di diritto pubblico. I due settori potranno essere fusi in un unico settore, col mantenimento di tutte le materie oggi studiate ma con una minore chiarezza logica.
La caratteristica comune a questo primo pacchetto di novità, è che esse mirano ad una semplificazione del sistema universitario: un obiettivo che si riduce a chimera quando si consideri l'inadeguatezza degli strumenti adottati per conseguirlo. 
 I vertici dell'Università
La riforma interviene pesantemente sulla gestione amministrativa delle Università. Il Senato accademico, elettivo, diverrà un organo con limitati poteri consultivi di carattere scientifico, mentre i poteri gestionali passeranno alla nuova figura del direttore generale e soprattutto ai nuovi Consigli d'amministrazione che si occuperanno delle nuove assunzioni e di ogni aspetto finanziario. La gestione dell'Università assomiglierà sempre piu' a quella di un'azienda, e non a caso i nuovi Consigli d'amministrazione saranno integrati con tre membri esterni provenienti dal mondo dell'imprenditoria. Le grandi scelte non saranno piu' dettate dalle esigenze della didattica, ma da quelle dei bilanci in un'ottica sempre piu' imprenditoriale.
Al tempo stesso, i rettori dureranno in carica al massimo sei anni, e questo limite si applicherà da subito anche ai rettori in carica con la conseguenza che molti di loro dovranno abbandonare la carica entro l'inizio del prossimo anno accademico, senza alcun riguardo a come hanno operato ed alle loro capacità.
Curioso come il potere politico riesca sempre a prevedere limiti di durata ai mandati di tutti, tranne che a quelli di Ministri e parlamentari.
Professori: clientelismo, meritocrazia e nuove assunzioni
Nuove norme sono previste per la nomina dei nuovi professori, ordinari e associati. Allo scopo di porre fine all'epidemia di nomine clientelari correlata ai concorsi gestiti dai singoli atenei, la riforma introduce una lista di abilitazione scientifica nazionale, realizzata da una commissione di professori scelta per sorteggio, con il compito di inserirvi i candidati migliori per titoli e pubblicazioni. In una seconda fase, le singole università potranno selezionare i nuovi professori attraverso appositi concorsi riservati ai candidati inseriti nella lista. L'efficacia di queste nuove norme dipenderà interamente dall'affidabilità della nuova lista nazionale e dai criteri di valutazione della qualità delle pubblicazioni, e potrà essere valutata solo dopo i primi anni di applicazione.
Per limitare il fenomeno del clientelismo, non potranno essere chiamati a lavorare come professori in un ateneo coloro che abbiano un legame di parentela fino al quarto grado con il direttore generale, i membri del consiglio d'amministrazione, il rettore o i professori dell'ateneo. Curiosamente, questa regola è prevista per nipoti e cugini, ma non per le mogli e i mariti. Nulla è previsto invece per prevenire il fenomeno dello scambio di favori tra dirigenti di distinti atenei, sicché sarà sempre possibile "sistemare" i raccomandati di turno scambiandoseli tra un ateneo e l'altro.
In questo quadro di proclamato rigore nel quale si richiede agli atenei di dotarsi di codici etici contro il clientelismo, stupisce la nuova possibilità di stipulare contratti di collaborazione con professionisti esterni, al di fuori di qualsiasi concorso pubblico e con un'unica curiosa condizione: si deve trattare di professionisti che guadagnano già annualmente almeno 40'000 euro lordi.
Altra novità della riforma è l'introduzione della meritocrazia per la determinazione degli aumenti dei professori ordinari ed associati. Il lavoro dei professori sarà giudicato da gruppi di altri professori sulla base del lavoro di ricerca da loro svolto per le università. Saranno i decreti attuativi a determinare i criteri di valutazione del merito. Si spera che nei decreti attuativi si prevedano criteri oggettivi e verificabili (ad esempio, la qualità delle pubblicazioni commisurata alle citazioni contenute in altre pubblicazioni in Italia ed all'estero).
Infine, ed è certamente una buona notizia, si introduce l'obbligo per i professori di rendere conto delle loro presenze ed assenze alle lezioni, con la posibilità di sottoporli a procedimenti discilinari. Si tratta di una norma doverosa che per fortuna di alcuni Ministri, già professori e professionisti di assenteismo, è introdotta tardivamente solo con questa riforma. 
 Borse di studio e fondo per il merito
In un clima di tagli e di proclamato rigore sui conti, è piuttosto stravagante l'introduzione del cosiddetto fondo per il merito, un fondo peraltro al momento privo di copertura finanziaria. Mentre si tagliano i fondi per le borse di studio agli studenti meritevoli a reddito medio-basso, saranno introdotti premi in denaro per i mille studenti piu' meritevoli delle superiori, indipendentemente dai loro redditi.
Una misura francamente incomprensibile che mette in pericolo l'effettività del diritto allo studio degli studenti meno abbienti, per dare premi in denaro anche a chi puo' magari contare su una famiglia di milionari. 
 Ricercatori e precariato
Ci sono poi le norme sui ricercatori, un settore già gravato dall'enorme peso del precariato sul quale la riforma interviene con disposizioni che paiono congeniate da una commissione di extraterrestri. Il DDl Gelmini prevede che i ricercatori non siano piu' assunti con contratti a tempo indeterminato (cosa peraltro accaduta sempre piu' raramente negli ultimi anni), ma soltanto con contratti dalla durata massima complessiva di sei anni.
Dopo sei anni passati a fare i ricercatori, si apriranno due possibilità: in presenza di una valutazione positiva ci sarà l'assunzione come professori associati, in mancanza la disoccupazione e la ricerca di un nuovo lavoro. La riforma dimentica di stabilire che fine faranno i ricercatori assunti in passato a tempo indeterminato e nulla dice su cosa accadrà a quei tanti precari che da piu' di sei anni fanno i ricercatori a tempo determinato. Mistero assoluto anche su quanti ricercatori ogni anno potranno davvero divenire professori associati pur avendone maturato il diritto in base a questa riforma, visto che i finanziamenti stanziati sono abbondantemente insufficienti a garantirne il pagamento degli stipendi. Per il momento si sa solo che, in base ad un emendamento presentato da Futuro e Libertà, se si troveranno i fondi necessari, nei prossimi 3 anni potranno divenire professori associati 4'500 ricercatori vincitori di appositi concorsi. 
 Finanziamenti all'Università e meritocrazia
Con la riforma, cambiano i parametri del finanziamento pubblico delle Università. Non piu' finanziamenti a pioggia, ma finanziamenti ponderati sul merito e commisurati alla qualità della ricerca e della didattica, valutate secondo criteri ancora da decidere ma che dovrebbero includere anche una forma di valutazione da parte degli studenti.
Nuove regole uniformi per tutti gli atenei sono previste anche in materia di gestione finanziaria, con la possibilità del commissariamento in caso di dissesto.

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