Le conclusioni cui giunge lo
studio ribadiscono che l’accertamento basato sugli studi di settore non può
fondarsi esclusivamente sullo scostamento tra quanto dichiarato a titolo di
ricavi e quanto emerge in via generalizzata dallo strumento presuntivo. Al
contrario, la differenza deve essere suffragata da ulteriori elementi di prova
che emergano nella fase di contraddittorio con il contribuente. Inoltre,
laddove nel contraddittorio il contribuente abbia proposto le sue deduzioni a
giustificazione dell’asserito scostamento, la motivazione dell’avviso di
accertamento deve contenere un’adeguata replica in termini probatori poiché, in
caso contrario, l’atto impositivo è nullo per difetto di
motivazione (cfr. pag. 123 del documento). In particolare, le
presunzioni «gravi, precise e concordanti»
indicate dall’art. 39, D.P.R. 600/1973 non possono essere costituite dallo
«scostamento» rispetto agli «standard» ma, al contrario, devono essere
individuate, volta per volta, sul caso concreto all’esito del contraddittorio
con il contribuente.
La medesima Corte di Cassazione,
con le sentenze emesse dalle Sezioni Unite il 18
dicembre 2009, nn. 26635 - 26636 – 26637 – 26638 ha fermato la massima in forza della quale gli studi
di settore costituiscono esclusivamente un sistema di presunzioni semplici, che
devono necessariamente essere personalizzate nell’ambito del contraddittorio.
A seguito di queste importanti
pronunce giurisprudenziali, la stessa Agenzia delle Entrate, con C.M. 14 aprile 2010, n. 19/E, ha addirittura suggerito
agli Uffici l’abbandono dei contenziosi relativi ad avvisi di accertamento basati
unicamente sull’applicazione degli studi di settore.
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