mercoledì 24 giugno 2015

STUDI DI SETTORE E LORO VALENZA


La Corte di Cassazione, con uno studio dell’Ufficio del Massimario (relazione tematica n. 94 del 9 luglio 2009) ha passato in rassegna le pronunce e la dottrina degli ultimi 20 anni sulla validità probatoria degli strumenti presuntivi di accertamento del reddito.

Le conclusioni cui giunge lo studio ribadiscono che l’accertamento basato sugli studi di settore non può fondarsi esclusivamente sullo scostamento tra quanto dichiarato a titolo di ricavi e quanto emerge in via generalizzata dallo strumento presuntivo. Al contrario, la differenza deve essere suffragata da ulteriori elementi di prova che emergano nella fase di contraddittorio con il contribuente. Inoltre, laddove nel contraddittorio il contribuente abbia proposto le sue deduzioni a giustificazione dell’asserito scostamento, la motivazione dell’avviso di accertamento deve contenere un’adeguata replica in termini probatori poiché, in caso contrario, l’atto impositivo è nullo per difetto di motivazione (cfr. pag. 123 del documento). In particolare, le presunzioni «gravi, precise e concordanti» indicate dall’art. 39, D.P.R. 600/1973 non possono essere costituite dallo «scostamento» rispetto agli «standard» ma, al contrario, devono essere individuate, volta per volta, sul caso concreto all’esito del contraddittorio con il contribuente.

La medesima Corte di Cassazione, con le sentenze emesse dalle Sezioni Unite il 18 dicembre 2009, nn. 26635 - 26636 – 26637 – 26638 ha fermato la massima in forza della quale gli studi di settore costituiscono esclusivamente un sistema di presunzioni semplici, che devono necessariamente essere personalizzate nell’ambito del contraddittorio.

A seguito di queste importanti pronunce giurisprudenziali, la stessa Agenzia delle Entrate, con C.M. 14 aprile 2010, n. 19/E, ha addirittura suggerito agli Uffici l’abbandono dei contenziosi relativi ad avvisi di accertamento basati unicamente sull’applicazione degli studi di settore.

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