venerdì 2 novembre 2012

MOBBING E DEQUALIFICAZIONE PROFESSIONALE

La dequalificazione professionale è un illecito utilizzo del dipendente in mansioni inferiori alle specifiche previste dal contratto di assunzione e diverse anche dal bagaglio professionale del dipendente stesso.

Per la giurisprudenza italiana invece  il mobbing è costituito da una condotta protratta nel tempo e diretta a ledere il lavoratore sul piano professionale o sessuale o morale o psicologico, attraverso una pluralità di atti (giuridici o meramente materiali, anche intrinsecamente legittimi) sorretti dalla volontà di perseguitare o emarginare il dipendente stesso (Cass. civ., Sez. lavoro, 09/09/2008, n. 22858). Il suo specifico intento e la sua protrazione nel tempo lo distinguono da singoli atti illegittimi (quale la mera dequalificazione) ed il fondamento della sua illegittimità è costituito dall'obbligo datoriale di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del prestatore.

L’art. 2103 c.c. (come novellato dall'art. 13 dello Statuto dei lavoratori) non ha soppresso lo “ius variandi” ossia il diritto di cambiare mansioni al proprio dipendente riservato al datore di lavoro, sepre se  giustificato da insopprimibili esigenze organizzative ed aziendali,  ma ne regola l’esercizio. Ovviamente il datore di lavoro ha la facoltà di utilizzare il dipendente in nuove mansioni per esigenze organizzative dell'impresa, ma ciò deve avvenire sempre nel rispetto e nell'equivalenza delle nuove mansioni, della tutela del patrimonio professionale del lavoratore stesso e della sua collocazione nella struttura organizzativa aziendale, nonchè dell'esigenza che la nuova collocazione gli consenta anche di utilizzare e arricchire il patrimonio professionale precedentemente acquisito.

Da notare che ai sensi e per gli effetti dell’art. 2103 c.c., non esiste un diritto del lavoratore ad essere adibito alle ultime mansioni effettivamente svolte, ma a mansioni a queste equivalenti o superiori, che possono anche essere diverse e dipendono dal potere organizzativo della controparte. 

Pertanto, poichè il lavoratore non ha diritto alla scelta delle proprie concrete mansioni, ma a veder valorizzato il proprio patrimonio professionale, senza dequalificazione rispetto alle posizioni precedenti e una volta che il datore di lavoro abbia effettuato una legittima assegnazione a mansioni equivalenti o superiori, il lavoratore non può richiedere la reintegra nelle precedenti.
 FONTE :FISCO E TASSE

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